STABILIZZATORI DI TENSIONE

fig.1
fig.1

Un alimentatore può essere schemattizzato come la parte contenuta nel riquadro azzurro della fig.1.a

Possiamo scrivere :

E=rì Ic + Rc Ic  ;

 dove Rc è il carico, ri la resistenza interna ed Ic la corrente.

In un alimentatore ideale risulta rì = 0  ed è rappresentato dalla curva 1 di fig. 1. b, un alimentatore reale è invece rappresentato dalla curva 2 di fig. 1.b.

DV = (E-Vc) / Vc rappresenta la percentuale di stabilità della tensione che in certe situazioni è necessario rendere più piccola possibile.

Talvolta è necessario cioè  ottenere una tensione stabile evitando che essa vari eccessivamente al variare sia del carico e/o  della tensione di alimentazione.

Ciò è possibile mediante opportuni circuiti di stabilizzazione.

Tali circuiti devono essere in grado, pertanto,  di stabilizzare la tensione in uscita sia quando si verificano  variazioni di carico che variazioni della tensione di alimentazione.

fig.2
fig.2

Il circuito di fig.2  rappresenta una possibile soluzione del problema.

Il diodo fa passare la corrente solo quando Vi diventa maggiore o uguale a Vz e mantiene costante la tensione al valore Vz che abbiamo assunto come valore di stabilizzazione.

Se Vi è maggiore di Vz comunque vari il carico, VC rimane sempre uguale a Vz;

Se Vi diventa minore di Vz non è più possibile stabilizzare la tensione di uscita al valore di Vz;. 

 

Questo fatto è  evidente ma ha poca importanza perchè, per una buona stabilizzazione   la tensione  Vi  è,  di solito,  pari a 1,5 , 2 volte la Vc; la   Vimin    sarà pertanto sempre maggiore di VZ. .

Questo circuito presenta aspetti che ne limitano l'uso solo ad applicazioni che hanno assorbimenti costanti e modesti infatti la massima escursione ammessa per la correnta di uscita risulta piuttosto ridotta..

 

 ESEMPIO DI DIMENSIONAMENTO ;

fig.2a
fig.2a

Questi limiti possono essere superati impiegando un transistore BJT come amplificatore di corrente,  con elevata corrente di uscita , appunto,  mantenendo contenuta la corrente dello Zener-

fig.3
fig.3

Il circuito di fig.3  rappresenta una possibile soluzione del problema non l'uso di un transistor in parallelo al carico con  Vc = Vz + VBE .

Vediamo come funziona il circuito.

Supponiamo che il carico rimanga costante e che vari la tensione di alimetazione:

Se nella tensione di alimetazione si verifica un  aumento,  questo viene compensato da una aumento della caduta di tensione ai capi di R con un aumento di  IR, un aumento di  IB e di  IT; poichè VZ e  VBE  rimangono costanti deriva che  IC e  VC rimangono costanti.

Un aumento di Vi non determina pertanto nessuna conseguenza sulla tensione di uscita VC.

Analogo ragionamento può farsi se si verifica una diminuzione della tensione di alimentazione.

Supponiamo ora che  la tensione di alimentazione rimanga costante e che  il carico vari:

Se Vc diminuisce  VBE diminuisce IB ed IT diminuiscono  IC aumenta è ciò porta ad una aumento di Vc che si stabilizza al valore voluto.
Se Vc aumenta  VBE aumenta IB ed Iaumentano  IC diminuisce è ciò porta ad una diminuzione  di Vc che si stabilizza al valore voluto.

fig.4
fig.4

Il circuito di fig.4  rappresenta un' altra possibile soluzione del problema con l'uso di un transistor in serie al carico con Vz = VBE + Vc.

Vediamo come funziona il circuito.

Supponiamo che il carico rimanga costante e che vari la tensione di alimetazione:

Se nella tensione di alimetazione si verifica un  aumento, ciò determina un aumento della corrente che circola in  R e nel diodo Zener; il diodo zener assorbe la sovracorrente ma tiene tiene costante la tensione del punto B; la corrente Ib non varia e così la Ic e quindi la Vc.

Un aumento di Vi non determina pertanto nessuna conseguenza sulla tensione di uscita Vc.

Analogo ragionamento può farsi se si verifica una diminuzione ( non al di sotto della Vz) della tensione di alimentazione.

Supponiamo ora che  la tensione di alimentazione rimanga costante e che  il carico vari:

Se Vc diminuisce  VBE aumenta,IB aumenta   Iaumenta  ; ciò porta ad un aumento di Vc che si stabilizza al valore voluto.
Se Vc aumenta  VBE diminuisce, IB diminuisce, IC diminuisce è ciò porta ad una diminuzione  di Vc che si stabilizza al valore voluto.

fig.5
fig.5

 Anche i circuiti  di stabilizzazione di cui alle fig.3 e fig.4  hanno delle limirtazioni  e di solito si ricorre a soluzioni più complesse utilizzando un sistema di controllo in catena chiusa, cioè un sistema che utilizzando la reazione negativa permette di mantenere la grandezza di uscita in un rapporto determinato con un valore di riferimento.

La fig.5 ci fa comprendere questo concetto:

Vc è la grandezza di uscita, il partitore R3,R4 rappresenta il blocco di reazione ai cui capi è applicata Vc; VR4,  proporzionale a Vc, viene applicata alla base del T2 (nodo di confronto) il cui emettitore è collegato al catodo del diodo Zener che mantiene fissa ai suoi capi il valore della tensione di riferimento.

All'uscita (collettore) c'è il segnale di errore che viene iniettato nella base del transistor T1 che rappresenta il dispositivo di potenza.

Vediamo come funziona il circuito:

supponiamo costante il carico e facciamo variare in aumento o diminuzione la tensione di alimentazione.

Aumento della tensione di alimentazione:

Chi comanda è la tensione di Zener che non varia, non varia neanche VBE2.

Da ciò consegue che Vc rimane costante.  

Diminuzione della tensione di alimentazione:

Chi comanda è la tensione di Zener che non varia, non varia neanche VBE2.

Da ciò consegue che Vc rimane costante. 

Supponiamo ora la tensione di alimentazione costante a facciamo variare Vc.

Aumento di Vc:

Se aumenta Vc aumenta VR4 , poichè Vz rimane costante aumenta VBE2 e con lei Ic2  e conseguente diminuzione di IB1; IR2 infatti rimane costante.

Se diminuisce IB1 diminuisce anche I e quindi diminuisce Vc riportandola al valore voluto.

Diminuzione di Vc:

Se diminuisce Vc diminuisce VR4 , poichè Vz rimane costante diminuisce VBE2 e con lei Ic2  con conseguente aumento di IB1; IR2 infatti rimane costante.

Se aumenta IB1 aumenta anche I e quindi aumenta Vc riportandola al valore voluto.

Il transistor T1 è un elemento di potenza ; il valore di Hfe dei transistori di potenza non è tanto alto ed a questo fatto corrisponde una ridotta sensibilità di regolazione.

Per aumentare Hfe possiamo sostituire il T1 con due transistor collegati in Darlington.

Questo sistema di stabilizzazione presenta il vantaggio  rispetto agli altri su esaminati che la tensione di uscita presenta una dipendenza meno marcata dalla tensione del diodo Zener essa infatti dipende anche dal partitore.

 

Alimentatore stabilizzato con l'integrato LM317

fig.6
fig.6

L'integrato LM317 può accettare all'ingresso tensioni fino a 100 Volt; l'importante è che la differenza fra la tensione applicata all'ingresso e quella prelevata all'uscita non sia maggiore di 40 Volt.

L'integrato introduce una caduta di tensione chiamata "Drop out Volt" pari a 3 Volt; ciò significa che se la tensione di entrata è, per esempio, di 25 Volt quella di uscita non può superare i 22 Volt.

La minima tensione di uscita dell'integrato è di 1, 25 Volt.

La massima corrente che l'integrato può erogare è di  1, 5 A se dotato di aletta di raffreddamento altrimenti non supera i 0,5 - 0,7 A., se infatti l'integrato si surriscalda, superati questi valori,  entra in funzione la protezione che toglie tensione sull'uscita.

La massima potenza dissipabile con aletta di raffreddamento è di 15 Watt.

Per  aumentare la massima corrente erogabile si può aggiungere un transistor di potenza come indicato in rosso nella fig.6.

Il transistor da aggiungere è PNP  di potenza ( per esempio 2N9005).

Il ripple ottenibile coll'integrato è 10.000 volte inferiore della tensione stabilizzata; se cioè la tensione stabilizzata è di 15 Volt il ripple è di 15 /10.000  (insignificante).

Allora ricapitolando possiamo dire che :

Se, per esempio, la tensione all'ingresso è di 60 Volt quella in uscita può essere regolata da un minimo di 20 Volt (60 - 40) ad un massimo di 57 Volt(60 - 3).

Se all'ingresso la tensione è di 12 Volt quella in uscita può essere regolata fra un minimo di 1, 25 Volt ed un massimo di 9 Volt (12 - 3).

Lo schema base di uno stabilizzatore di tensione che utilizzi l'integrato LM317 è quello di fig.6.

I valori degli elementi passivi sono indicati in  fig.6 .

Per quanto riguarda il calcolo di R2 si procede in questo modo:

  • R2= ((Volt out / 1,25)-1 )x 220

Il valore della tensione di uscita (Volt out) è pari a quello della tensione di ingresso  (Vin) - 3 Volt (Dropout)

Quindi se all'ingresso ho, per esempio, 40 Volt il valore di R2 sarà:

  • R2= ((37/1,25)-1)x220 = 6.292 Ω

se voglio ottenere una tensione in uscita variabile basta sostituire   la resistenza fissa R2    con un potenziometro da 6.292 Ω. 

I due diodi IN4007 proteggono l'integrato durante lo  scarico degli elettrolitici  da 10 μF e da 100 μF in fase di spegnimento.

 

 

Alimentatore stabilizzato a valvole

fig.7
fig.7

Il circuito di regolazione è costituito da un doppio triodo V2, pilotato da un pentodo, V3, il cui catodo ha una tensione fissa fornita da uno stabilizzatore a gas ,V4.

Il funzionamento è il seguente:

Se  per un qualsiasi motivo la tensione  in uscita diminuisce, si abbassa la tensione della griglia del pentodo V3 rispetto al catodo che è a tensione costante; ciò porta ad una diminuzione della corrente anodica e quindi ad un aumento della tensione anodica.

In conseguenza a ciò la tensione delle le griglie della V2, collegate all'anodo della V3 , aumenta e ciò porta ad un aumento della tensione in uscita.

Se invece la tensione in uscita aumenta, aumenta anche la tensione della griglia del pentodo rispetto al catodo che è a tensione costante, ciò porta ad un aumento  della corrente anodica e quindi ad una diminuzione della tensione anodica.

Poichè l'anodo della V3 è collegato alle griglie della V2, la tensione di queste diminuisce e quindi diminuisce la tensione in uscita.